Le persone e la loro attenzione sono due fattori importanti per la sicurezza informatica, e questo è diventato evidente soprattutto con il lavoro da remoto durante i periodi di lockdown. Il personale può diventare disattento, usare un dispositivo personale o infrangere in qualche modo le prescrizioni sulla sicurezza. Negli ultimi 12 mesi abbiamo fatto grossi passi avanti per tutelare la sicurezza dei dati e riconoscerne il valore.
Oggi si parla molto dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). So che la vostra iniziativa "Race to Zero" è volta a ridurre l'impronta climatica della F1: ci puoi dire qualcosa di più in merito?
Il cloud ha avuto senz'altro un impatto importante sul nostro modo di lavorare. La rivoluzione assoluta è stata la capacità di mettere in piedi e smantellare i servizi molto più in fretta, senza dover fare massicci investimenti in infrastrutture hardware che poi restano lì a prendere polvere. Il nostro team automobilistico ha realizzato un grosso progetto utilizzando il cloud, un progetto che avrebbe richiesto da solo un'intera sala comunicazioni se avessimo voluto realizzarne l'infrastruttura internamente. Ma ora possiamo approntare le infrastrutture e smantellarle una volta che non servono più, risparmiando Dio solo sa quanto.
Prima ho accennato al fatto che siamo passati alla produzione da remoto, per cui le spedizioni fisiche si sono ridotte dell'80% per quanto riguarda il nostro centro radiotelevisivo. In questo modo abbiamo tagliato le trasferte del personale e il trasporto di merci di qua e di là. E come corollario abbiamo prolungato il ciclo di vita delle infrastrutture hardware, perché non vengono più sballottate a destra e a sinistra durante il trasporto, né si trovano ad affrontare il gelo in quota su un aereo o il caldo a 50 gradi su una pista d'aeroporto. La longevità delle attrezzature, che prima venivano buttate dopo circa tre anni, è aumentata notevolmente. Uno sviluppo che non avevo previsto, ma che si è rivelato di certo una piacevole sorpresa.
In quanto responsabile tecnologico, qual è l'insegnamento che hai tratto dalla pandemia e di cui farai tesoro in futuro?
Uno dei mantra del periodo pandemico è stato senz'altro "flessibilità". La capacità di supportare da casa 500 persone, soprattutto durante il primo lockdown quando non si poteva assolutamente uscire, ha rappresentato una vera sfida. Ma ce l'abbiamo fatta.
Siamo molto fortunati a livello di azienda, perché già prima della pandemia eravamo abbastanza preparati. Poiché molti dei nostri dipendenti si spostano per lavoro, il 90% dell'azienda opera da portatile, per cui non abbiamo subito gravi contraccolpi. Ho avuto fortuna all'inizio: quando è comparso il virus in Cina ho pensato "Oh, potrebbe arrivare anche qui", quindi ho comprato 100 computer portatili e ho iniziato a configurarli prima che le forniture si esaurissero, il che è successo in fretta.
Ho imparato soprattutto a giocare d'anticipo e a essere flessibile al massimo, perché le richieste degli utenti erano numerose e diversificate. Usavamo già le VPN, ma avere le infrastrutture di comunicazione giuste e le attrezzature giuste, ed essere in grado di allestire i servizi piuttosto in fretta, sono stati tutti elementi critici per il nostro successo.