Nozioni di base: che cos'è l'employee experience?

Da anni l'employee experience è assurta a priorità aziendale in ogni parte del mondo, ma le sue caratteristiche sono in costante evoluzione. Scopri che cos'è e come funziona l'esperienza del dipendente, e come mettere a punto una strategia efficace per la tua azienda in questo ambito.

Definire con precisione che cos'è l'employee experience può non essere facile. A livello linguistico, il termine richiama il concetto parallelo di "customer experience", implicando che le aziende dovrebbero dedicare ai dipendenti lo stesso livello di attenzione e considerazione che dedicano ai clienti. A livello concettuale, il termine affonda le proprie radici nella psicologia delle organizzazioni esprimendo l'invito alle aziende a riesaminare il contratto non scritto su cui si basa il loro rapporto con i dipendenti. A livello pratico, infine, il termine indica quell'insieme di strategie e iniziative aziendali che promuovono l'appartenenza, il benessere, la produttività e l’engagement del personale. Se un'azienda vuole prosperare nel contesto odierno, deve avere una padronanza a 360 gradi dell'employee experience. Non si tratta di un optional, ma di una necessità.  

Data la grande varietà di ambiti che abbraccia, l'employee experience evolve costantemente. Mentre una volta era percepita come appannaggio esclusivo delle risorse umane (HR), ora attira l'attenzione dell'intero top management. E non è un caso. Se consideriamo l'esperienza di ciascun dipendente nella sua interezza, ci rendiamo conto che include ogni possibile punto di contatto del percorso professionale dall'inserimento in azienda fino all'uscita. Interessa le tecnologie interne usate dal personale per la gestione del capitale umano, la comunicazione e il monitoraggio dei risultati lavorativi, le opportunità di socializzazione e le strutture fisicamente disponibili per loro, nonché l'impatto degli orari lavorativi sulla vita privata. Per questo è di vitale importanza per le aziende che i top manager remino tutti nella stessa direzione quando si tratta di coordinare i vari aspetti dell'employee experience. Ma anche coinvolgere tutti i vertici aziendali in un'attività di questo genere presenta le sue sfide. 

Stando alla nostra indagine globale condotta tra 1150 senior manager dal titolo "Closing the Acceleration Gap: Toward Sustainable Digital Transformation", quasi la metà degli intervistati (49%) dichiara che l'incapacità di collegare i dati operativi, finanziari e sul personale con i risultati aziendali ostacola l'agilità. 

In questo articolo forniremo una definizione più completa di employee experience (confrontandola anche con alcuni termini simili), esamineremo i vantaggi che comporta un'esperienza dei dipendenti soddisfacente e analizzeremo a fondo i principali aspetti di cui i dirigenti aziendali devono tener conto per elaborare una strategia in questo ambito. Per ciascuna fase forniremo dati statistici nuovi e recenti, che illustrano le esigenze aziendali alla base di questo crescente interesse per l'employee experience e le parallele aspettative del personale. Alla fine di questo articolo, avrai acquisito le nozioni teoriche di base e le risorse che ti servono per costruire un'employee experience solida, onnicomprensiva e multicanale. 

Che cos'è l'employee experience?

Il concetto alla base dell'odierna employee experience è molto semplice: il dipendente va visto come un partner e un elemento fondamentale dell'azienda, a prescindere da età, genere, razza, religione e qualsiasi altro aspetto. La definizione dell'employee experience non può prescindere da un atteggiamento di rispetto reciproco.

In pratica, l'employee experience indica l'impressione complessiva che il dipendente ricava da ciascuna interazione nell'arco del proprio ciclo di vita presso una data azienda. Tuttavia, essa non va vista come l'insieme delle attività che l'azienda svolge nei confronti dei dipendenti. L'employee experience indica piuttosto l'esperienza intima di ciascun dipendente e rappresenta un modo per misurare l'impatto di ciascuna interazione sulle sue opinioni e sensazioni nei confronti dell'azienda. L'employee experience riguarda la percezione che il dipendente ha della cultura aziendale, delle modalità di lavoro, dei superiori e di tutti gli annessi e connessi. Per farsi un'idea realistica di com'è l'employee experience, occorre prendere in considerazione tutto ciò che accade a un dipendente sul posto di lavoro. 

Quando si parla di employee experience, questa va considerata nel suo complesso. Ogni dipendente andrà incontro a momenti salienti nel suo percorso all'interno dell'azienda, ma non saranno questi a determinarne l'impressione complessiva. Nell'articolo, quando citiamo singoli punti di contatto e le percezioni che questi suscitano nei dipendenti (come la frequenza delle riunioni, il livello di digitalizzazione delle attività e la forza dei messaggi dell'azienda), lo faremo solo per esemplificare la grandissima varietà di interazioni che un dipendente può avere durante la giornata lavorativa, per non parlare della settimana. Dal momento della firma del contratto di lavoro, la percezione che il dipendente ha dell'azienda evolve continuamente. Per fare in modo che questa evoluzione sia positiva, occorre sostenerla costantemente da vicino servendosi di misure apposite. 

Per chiarire meglio il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, spesso si considera l'employee experience inserendola in un quadro più ampio: quello di "proposta di valore per il dipendente", ossia quel contratto tacito che si instaura tra le due controparti. In passato la proposta di valore per il dipendente consisteva nello stipendio e nei benefit offerti al lavoratore in cambio del suo lavoro, ma nell'ultimo secolo il concetto si è gradualmente espanso fino a includere gli aspetti più svariati, dalla crescita professionale all'appartenenza e diversity. Partire dal principio che la proposta di valore per il dipendente deve comportare dei vantaggi sia per il lavoratore che per il datore di lavoro è un buon punto di partenza per pensare a quali modifiche apportare all'employee experience complessiva.

Il rapporto tra employee experience e customer experience

Quando si parla di employee experience non può non venire in mente la customer experience, oggi colonna portante di tante strategie di marketing e vendita. Proprio come l'employee experience, la customer experience indica l'impressione complessiva che il cliente ricava dalla tua azienda durante il suo percorso di cliente. La qualità del tuo prodotto/servizio lo soddisfa? Si sente fidelizzato verso il tuo marchio? Che rapporto ha col personale a contatto col pubblico nel punto vendita? La customer experience digitale è diversa da quella fisica? Sono tutte domande che si possono facilmente applicare, mutatis mutandis, ai tuoi dipendenti. 

È soprattutto l'ultima domanda dell'elenco a spiegare il rapporto tra customer experience ed employee experience. Se in passato l'influenza esercitata dall'una sull'altra si poteva riassumere nel proverbiale "il cliente ha sempre ragione", oggi le aziende sanno che un'esperienza dei dipendenti soddisfacente ha un immediato effetto positivo anche l'esperienza dei clienti. Se vogliamo adottare un approccio davvero incentrato sul dipendente, non dobbiamo limitarci a considerare le ripercussioni che l'employee experience può avere sulla customer experience: accompagnare i dipendenti in tutte le fasi del loro percorso produce vantaggi di per sé, al di là dei risultati misurabili. Se però analizziamo i benefici concreti che l'azienda ricava dalla revisione della propria strategia di employee experience, potremo apprezzare appieno gli effetti di un approccio integrato e continuativo all'esperienza del dipendente. 

Il concetto alla base dell'odierna employee experience è molto semplice: il dipendente va visto come un partner e un elemento fondamentale dell'azienda, a prescindere da età, genere, razza, religione e qualsiasi altro aspetto.

In uno studio del 2022 appositamente pensato per misurare gli effetti di un'employee experience positiva sulla customer experience e sui risultati aziendali, la Harvard Business Review ha raffrontato tre anni di dati di oltre 1000 sedi fisiche di un marchio globale del retail B2C (l'intenzione era di limitare altri fattori mitiganti, come le variazioni dell'immagine del brand e le dinamiche del mercato nel suo complesso). Risultato: quando un punto vendita passava dal quartile più basso al più alto grazie a ciascuna delle metriche di employee experience misurate (tra cui longevità del dipendente, impiego a tempo pieno/parziale, rotazioni interne e livello di competenza), il fatturato aumentava di oltre il 50% e gli utili di quasi altrettanto.

La differenza tra employee experience ed employee engagement

Leggendo di employee experience, ti sarà capitato di veder usare il termine in abbinamento con uno simile: "employee engagement". In un mondo dominato dalla trasformazione digitale le aziende stanno rivalutando entrambi i concetti, spesso nell'ambito di uno stesso piano d'azione che li vede strettamente collegati. Ma considerarli sinonimi è un errore.

Dato che tra employee experience ed engagement sussiste un nesso causale, definiremo ora ulteriormente l'employee experience in modo da chiarire il rapporto tra i due concetti:

  • L'employee experience copre l'intero ciclo di vita del dipendente. Riguarda la percezione che ciascun dipendente ha del tuo marchio, delle tue pratiche aziendali e dell'impatto che il lavoro ha sulla sua vita privata. È soprattutto un approccio al percorso dei dipendenti che mette al primo posto la persona e le sue esigenze.
  • L'employee engagement è la misura della qualità del percorso del dipendente. Quando misuriamo l'engagement, valutiamo quanto legato si sente il dipendente alla propria azienda, alla sua cultura e ai colleghi. Se si modifica l'esperienza complessiva, il risultato si riflette sul punteggio di engagement, di solito rilevato mediante un sondaggio sull'employee engagement

Perché è importante l'employee experience?

La nostra indagine globale condotta tra 1150 senior manager dal titolo "Closing the Acceleration Gap: Toward Sustainable Digital Transformation" indica che metà dei responsabili HR (50%) punta a un'employee experience soddisfacente per accelerare la trasformazione aziendale. Ma perché all'employee experience e ai suoi prodotti viene dedicata tanta attenzione dalle aziende di tutto il mondo? E come possiamo misurare i vantaggi di una tale strategia incentrata sulle persone?

Per analizzare l'employee experience, dobbiamo soffermarci su uno dei tanti fattori che influenzano la percezione complessiva che i tuoi dipendenti hanno dell'azienda. Mentre ci troviamo ancora alle prese con gli strascichi della pandemia, una delle esigenze principali espresse dai dipendenti è l'equilibrio tra lavoro e vita privata. L'"Employee Well-Being Report" pubblicato da LinkedIn nel 2021 rivela che i dipendenti soddisfatti del livello di flessibilità aziendale in fatto di orario e luogo di lavoro hanno avuto: 

  • Una probabilità maggiore di 3,4 volte di mantenere un giusto equilibrio tra lavoro e vita privata
  • Una probabilità maggiore di 2,6 volte di essere soddisfatti del loro datore di lavoro
  • Una probabilità maggiore di 2,1 volte di raccomandare la loro azienda 

Degno di nota è che, malgrado ciò, LinkedIn rileva che il 20% dei dipendenti non ha flessibilità in fatto di sede lavorativa e il 25% non è soddisfatto della propria capacità attuale di imporre tale flessibilità. Poiché la transizione verso un nuovo mondo del lavoro – e verso nuovi modi di lavorare – prosegue, le aziende che ce la faranno sono quelle che prestano ascolto ai dipendenti e agiscono di conseguenza. 

Come abbiamo già accennato nel paragrafo sul rapporto tra customer experience ed employee experience, quando l'azienda pone l'accento sull'employee experience migliora la resa dei dipendenti, e quando migliora la resa dei dipendenti migliorano anche i parametri tradizionali dell'andamento aziendale. Anzi, una recente indagine di Gartner ha rilevato come le aziende con flessibilità elevata abbiano una probabilità quasi tripla di registrare un'elevata performance del personale.

Mettere a punto una strategia per l'employee experience

L'employee experience non è più appannaggio esclusivo del CHRO. Anche CFO, CIO e altri dirigenti chiave si impegnano per mettere a punto di un'esperienza omnicanale personalizzata per i dipendenti. 

Data l'accezione estremamente ampia che ha oggi il termine "employee experience", creare una strategia che copra tutte le priorità del top management può essere un'impresa, soprattutto se l'azienda è abituata a lavorare con metodi consolidati. La buona notizia è che mettere a punto una strategia per l'employee experience partendo da zero (o ottimizzarne una già esistente) non dev'essere per forza una scelta del tipo "o tutto o niente". È invece possibile suddividere il piano complessivo in porzioni più piccole e digeribili.

La nostra indagine globale condotta tra 1150 senior manager indica che il 50% dei responsabili HR punta a un'employee experience soddisfacente per accelerare la trasformazione aziendale.

Secondo uno studio condotto da McKinsey nel 2021, i tre motivi principali per cui i dipendenti dichiarano di licenziarsi sono il non sentirsi valorizzati dalla propria azienda (54%) o dai propri superiori (52%), oppure la mancanza di un senso di appartenenza sul lavoro (51%). L'indagine di McKinsey evidenzia come le frustrazioni dei dipendenti derivino direttamente dall'impressione di non sentirsi generalmente ascoltati o considerati dall'azienda, piuttosto che da fattori più isolati come i benefit o i carichi di lavoro. È per questo che alla base di un piano efficace di employee experience sta l'ascolto, in forma di sondaggi o di altre misure in presenza.

Noi di Workday consigliamo un sondaggio di employee engagement ben strutturato da somministrare a cadenza regolare tramite un'interfaccia digitale analoga alle piattaforme consumer. Come già accennato, il punteggio di engagement può fungere da cartina tornasole dei sentimenti complessivi del dipendente verso la tua azienda. Ma i sondaggi sull'engagement non devono riguardare solo le metriche di engagement (cioè in che misura ciascun dipendente sia un convinto sostenitore della tua azienda), ma anche altri fattori psicologici su cui si basa l'impressione complessiva che il dipendente si è fatto della tua azienda. Per saperne di più sulla metodologia alla base dei nostri sondaggi sull'engagement, visita la pagina apposita.  

Al netto di tutto, vi sono alcuni fattori ricorrenti che influenzano i risultati. Li possiamo considerare come le colonne portanti di qualsiasi strategia per l'employee experience. Tuttavia, un approccio standard basato sui trend del momento andrà incontro a ostilità malgrado la sua comodità: condannerà infatti all'oblio importanti gruppi demografici presenti nella tua azienda. Per creare un'employee experience davvero personalizzata, l'azienda deve considerare ciascun dipendente come una persona soggetta a circostanze diverse, tenendo conto della grande molteplicità di esperienze presenti nell'organico. Stando allo studio "2021 Global Human Capital Trends" di Deloitte, il 68% dei dirigenti concorda che in futuro le strategie del personale dovranno adattarsi maggiormente alle esigenze individuali. Per creare un'employee experience ultra-personalizzata, devi prestare ascolto ai tuoi dipendenti e agire con sincera empatia nei loro confronti. 

1. Garantire ai dipendenti gli strumenti essenziali

Se mancano gli strumenti essenziali, non ha senso migliorare altri aspetti dell'employee experience. Si tratta delle dotazioni di base che ogni dipendente ha il diritto di avere sul posto di lavoro, a prescindere dalla sede geografica, dall'identità, dalla sua storia e dalle performance. 

Se esaminiamo il concetto alla luce della già citata proposta di valore per il dipendente (cfr. paragrafo "Che cos'è l'employee experience?"), l'accordo tra datore di lavoro e lavoratore prevede uno scambio tra lavoro e compenso. Il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore gli strumenti, le attrezzature e le soluzioni necessarie a svolgere il lavoro, e il lavoratore a sua volta deve eseguire il lavoro come stabilito nel contratto, a seconda che sia in un orario fisso, con turni variabili o a chiamata. Il modello, tuttavia, ha fatto molta strada e non si limita più a questo scambio rudimentale.

Fornire gli strumenti essenziali non significa solo mettere a disposizione un'attrezzatura standard. Occorre considerare come ciascun dipendente funziona al meglio, e quindi per esempio esaminare quali sono le differenze tra onboarding digitale e in presenza, qual è l'ambiente lavorativo e la quota di smart working ideale per ciascuno, e come soddisfare le esigenze dei dipendenti con disabilità. In ciascuno di questi casi, è importante dare modo al dipendente di esprimere le proprie necessità: ognuno, infatti, può avere un'idea diversa di che cosa rientri negli "strumenti essenziali", e ci possono essere differenze a seconda della cultura e del settore di appartenenza. Anche quando si parla dell'ABC, la personalizzazione è di fondamentale importanza. 

Ma garantire gli strumenti essenziali non significa solo fornire attrezzature e risorse per la formazione, comporta anche mettere in campo interventi opportuni per ridurre burnout e stress e promuovere il benessere dei dipendenti. Un'indagine globale condotta nel 2021 dalla Harvard Business Review ha rilevato che per l'89% dei 1500 intervistati la vita lavorativa stava perdendo qualità, mentre per l'85% il benessere era calato dall'inizio della pandemia. Se tratti i tuoi collaboratori come gli ingranaggi di una macchina invece che come una comunità integrata e degna di rispetto, le conseguenze possono essere tanto dannose quanto estese.

2. Gestire il nuovo "ufficio globale"

Oggi il lavoro e i team si trovano sparsi per il mondo come mai prima d'ora. Per molte aziende digitalizzate non esiste più una sede fissa in cui i dipendenti locali devono presentarsi fisicamente ogni giorno, e perfino i settori che da sempre privilegiano il lavoro in presenza (come il retail, la sanità e la produzione industriale) hanno comunque colto le opportunità offerte dallo smart working e dal lavoro agile, innovando i processi HR e i ruoli amministrativi. 

I dati ricavati dalla nostra piattaforma per l'employee engagement Workday Peakon Employee Voice (per saperne di più, leggi il report sulle aspettative dei dipendenti 2022) mostrano che tra il 2019 e il 2020 c'è stato un balzo del 125% nei commenti sul lavoro agile. Dal 2020 al 2021 il dato è rimasto sostanzialmente invariato. Per i dipendenti che devono decidere dove lavorare e per chi, lavoro agile e smart working figurano in cima all'elenco delle priorità. 

Un'indagine globale condotta nel 2021 dalla Harvard Business Review ha rilevato che per l'89% dei 1500 intervistati la vita lavorativa stava perdendo qualità, mentre per l'85% il benessere era calato dall'inizio della pandemia.

Se prendiamo atto delle nuove dinamiche del lavoro, con la loro altissima quota di personale che opera in smart working e intende continuare a farlo, siamo obbligati a rivolgerci alle soluzioni digitali. Lo smart working ha messo molte aziende davanti a una cruda realtà, ossia che la loro cultura interna non era solida come credevano. Le aziende devono garantire al personale interazioni semplici e intuitive per reperire le informazioni che cerca, evitando al contempo che i dipendenti in smart working svolgano il loro lavoro restando isolati. L'esperienza di onboarding da remoto deve essere valida e attenta al dipendente quanto l'esperienza in presenza, anche se la natura dell'esperienza in sé è per forza di cose diversa.  

Se vogliamo gestire una forza lavoro globale, dobbiamo venire incontro a ciascun dipendente nell'ambiente in cui lavora, alle sue condizioni e in una maniera che gli sia comprensibile. Se un dipendente che lavora in presenza e può usufruire di assistenza diretta ha difficoltà a districarsi in una giungla di sistemi e soluzioni HR, tanta più ne avrà uno che dipende da quella giungla per il suo intero flusso di lavoro. La potenza delle soluzioni informatiche consiste nell'offrire ai collaboratori un'esperienza personalizzata in modo da renderli più produttivi, mantenerli in linea con le nuove strategie aziendali e migliorare l'engagement; il tutto al fine di creare un'azienda altamente adattabile. Se le aziende introdurranno questa flessibilità fin nel cuore delle loro infrastrutture, si troveranno assai più preparate ad affrontare le future rivoluzioni delle modalità di lavoro. 

3. Fornire strumenti e tecnologie di tipo consumer

Se c'è una cosa che lo svincolo dei dipendenti dall'ufficio fisico ci ha insegnato, è che molte aziende facevano affidamento su tecnologie e soluzioni obsolete. Ora ogni operatore economico deve stabilire come far interagire digitalmente i team. Il nostro "Studio CFO Indicator 2021", condotto tra 267 CFO di tutto il mondo, ha rilevato che per quasi tutti (il 97%) le tecnologie hanno svolto un ruolo essenziale nell'attrarre e trattenere i talenti, mentre quasi la metà (48%) ha intenzione di investire attivamente in queste tecnologie nei prossimi cinque anni.

Mentre in passato le interfacce scomode erano all'ordine del giorno, oggi i dipendenti esigono che i software che utilizzano sul lavoro abbiano le stesse caratteristiche delle app con cui interagiscono sui loro telefoni cellulari. Ciò significa garantire interfacce intuitive, integrazioni spinte tra soluzioni diverse, esperienza utente fluida sui siti web delle aziende e soprattutto uso intuitivo delle interfacce utente. L'aspettativa è che dati e risorse che servono al dipendente per svolgere il proprio lavoro siano immediatamente accessibili in una forma fruibile.

Tutto ciò comporta non solo coniugare tecnologie intuitive con interfacce in stile app di tipo consumer, ma anche adottare soluzioni che utilizzano il machine learning. Per adattarsi davvero ai nuovi modi di lavorare dei dipendenti occorre adottare sondaggi automatizzati e percorsi personalizzati in base alle esigenze, nonché rendere le opzioni self-service intelligenti in modo che le ricerche restituiscano i dati giusti al momento giusto per la persona giusta. Poiché la forza lavoro di oggi ha sempre più competenze informatiche, per attrarre e fidelizzare i talenti occorre stare al passo con l'evoluzione tecnologica fornendo insight e risorse in tempo reale.

4. Favorire lo sviluppo delle skill e il potenziale dei talenti 

Il nostro report del 2021 "La grande rinascita: invertire il trend delle dimissioni dei dipendenti" ha evidenziato che il 27% del personale era a rischio di abbandono. Altri dati ricavati dalla nostra piattaforma per l'employee engagement (e confluiti nel nostro report sulle aspettative dei dipendenti 2022) mostrano che i punteggi di crescita dei dipendenti che continuano a lavorare per la stessa azienda sono del 13% più alti rispetto ai punteggi medi di coloro che decidono di andarsene. I commenti sulla crescita professionale sono l'8% del totale nel 2021 (un incremento del 2% sul 2020), segno che i dipendenti stanno dando voce alle proprie esigenze in termini di sviluppo delle skill e dei talenti. È il momento di agire. 

Se in passato il discorso delle prospettive di carriera si limitava ad aumenti di stipendio e promozioni, i dipendenti di oggi richiedono opportunità di crescita personale assai più frequenti e personalizzate, che possono andare dall'acquisire nuove skill per svolgere meglio il proprio lavoro, a occupare ruoli interni per un breve periodo, fino a partecipare a "progetti lampo" dove possano mettere a frutto la propria competenza in un campo diverso rispetto alla loro posizione attuale. Sono spesso questi piccoli momenti a fare la differenza nella retention del personale. L'ufficio del CIO e del CHRO possono collaborare per costruire una tassonomia delle skill, individuare i gap esistenti e consentire ai dipendenti di andare oltre le loro mansioni quotidiane, promuovendo così una cultura della crescita professionale che non sia fondata unicamente sulla gratificazione economica e sul cambio di ruolo. 

L'esperienza di onboarding da remoto deve essere valida e attenta al dipendente quanto l'esperienza in presenza, anche se la natura dell'esperienza in sé è per forza di cose diversa.

Lo sviluppo delle skill non è solo un'esigenza fortemente sentita tra il personale, ma anche un notevole grattacapo per i responsabili HR. La nostra indagine riportata in "Closing the Acceleration Gap" ha evidenziato che per 4 dirigenti su 10 (38%) la carenza di skill adeguate tra il personale rappresenta l'ostacolo maggiore al processo di trasformazione. Un ulteriore 34% di intervistati (soprattutto in ambito IT e Finance) dichiara che i loro team saranno in grado di far fronte alle sempre nuove esigenze aziendali acquisendo skill avanzate di analisi e rappresentazione grafica dei dati. Per stare al passo con l'evoluzione frenetica delle tecnologie digitali devi investire nel personale esistente, invece di precipitarti ad assumere nuove figure o di avvalerti di agenzie esterne. 

5. Promuovere davvero una cultura basata su appartenenza e diversity 

Le aziende che lodano a parole appartenenza e diversity ma non attuano un cambiamento concreto e costante stanno iniziando a pagarne le conseguenze in termini di fidelizzazione e retention del personale. Secondo lo studio "Deloitte Global 2022 Gen Z and Millennial Survey", il 52% dei millennial che sono "molto soddisfatti" dei progressi della propria azienda nel creare un ambiente inclusivo e diversificato dichiara di voler restare per più di cinque anni, mentre solo il 17% afferma di voler abbandonare entro due anni. Il contrario vale per i millennial che sono "per niente soddisfatti": il 52% di loro dichiara di voler cambiare azienda entro due anni e solo l'11% afferma di volersi trattenere oltre cinque anni. Se pensiamo che i millennial costituiranno il 75% della forza lavoro entro il 2030, è evidente come le aziende debbano dedicare un'attenzione sempre maggiore a creare un ambiente lavorativo improntato alla diversity.

Per attuare un cambiamento sostenibile, le aziende devono innanzitutto valutare e misurare la propria situazione attuale. Riconoscere deficit passati e presenti, soprattutto in ambiti sensibili come questo, può provocare un senso di disagio e vergogna, ma senza un'analisi dei dati di diversity è impossibile potenziare la strategia di employee experience in modo da intervenire dove serve. Nel 2020, a seguito della morte di George Floyd, i commenti relativi ad appartenenza e diversity presenti sulla nostra piattaforma per l'employee engagement sono raddoppiati. E di nuovo, dal 2020 al 2021 il dato non ha mostrato segni di declino. Attraverso una collaborazione interfunzionale, l'HR può usare i dati acquisiti dall'IT per correggere le distorsioni nelle assunzioni, creare ruoli appositi per appartenenza e diversity e promuovere una cultura aziendale cui tutti sentano di appartenere.

Ognuno è dotato di una personalità con aspetti unici, che gli/le conferiscono la sua personale identità. Incoraggiare un senso di comunità sul posto di lavoro non significa sminuire questo fatto, significa creare un ambiente inclusivo dove questi aspetti e visioni del mondo unici possano fiorire in armonia tra loro. Se i dipendenti non si sentono psicologicamente sicuri a causa dell'atmosfera e della cultura aziendale e non riescono quindi a dare il meglio di sé, occorre gestire appartenenza e diversity con un nuovo approccio che crei occasioni per l'azienda di comunicare le proprie iniziative di diversity e per i dipendenti di fornire il proprio feedback in tutta riservatezza. Il benessere e la performance di un dipendente non devono essere compromessi in alcun modo da atteggiamenti di discriminazione attiva, né da un senso di ostracizzazione.

6. Dare voce ai dipendenti

Ciascuno degli ambiti sopra elencati necessita di soluzioni e KPI appositi, ma come sondare il sentiment complessivo dei dipendenti? Se misurerai l'employee engagement per mezzo di sondaggi regolari, non solo consentirai ai dipendenti di esprimersi sulle questioni che hanno a cuore (per esempio, come la pensano sugli obiettivi del top management e qual è il loro livello di soddisfazione complessivo), ma promuoverai una cultura inclusiva e psicologicamente sicura dove i dipendenti possono toccare con mano il contributo delle loro opinioni alle iniziative aziendali. Dare voce ai dipendenti rappresenta immancabilmente un vantaggio per l'employee experience. 

Il nostro "Report sulle aspettative dei dipendenti 2021" ha dimostrato che il punteggio di employee engagement di coloro che rimangono in azienda è del 13% più alto rispetto al punteggio medio dei dipendenti che se ne vanno.

Ma che cosa significa esattamente dare voce ai dipendenti?

Il primo passo consiste nell'adottare un sistema di sondaggi regolari che si avvalga del machine learning per far sì che le domande vengano poste al momento giusto. Se fai la domanda giusta al momento giusto ai tuoi dipendenti, non solo riduci il rischio che cali l'interesse nei sondaggi, ma metti pure in grado i dipendenti di parlare delle questioni che hanno a cuore nel momento in cui sorgono, invece che con mesi di ritardo. È vero che i sondaggi sono solo uno dei tasselli del mosaico dell'engagement – i dipendenti devono disporre infatti anche di altri canali per comunicare i propri problemi, come incontri faccia a faccia col superiore diretto e riunioni aziendali più ampie – ma la riservatezza consente loro di esprimere opinioni ed esigenze che altrimenti reprimerebbero. 

Il secondo passo consiste nel dotarsi di una piattaforma che consenta ai responsabili HR di accedere a dati in tempo reale sull'umore dei dipendenti, mettendoli così in grado di affrontare le questioni più importanti per i loro team in maniera tempestiva ed efficiente. Workday Peakon Employee Voice consente non solo di visualizzare i punteggi di engagement suddivisi per singoli temi, team, settori, paesi e altri fattori determinanti, ma anche di confrontare i tuoi punteggi con il benchmark di mercato. Se a ciò si aggiungono gli interventi manageriali raccomandati automaticamente dal sistema, si crea una situazione in cui il personale si sente ascoltato e preso sul serio.  

Il nostro "Report sulle aspettative dei dipendenti 2021" ha dimostrato che il punteggio di employee engagement di coloro che rimangono in azienda è del 13% più alto rispetto al punteggio medio dei dipendenti che se ne vanno. Se ti metterai regolarmente in contatto coi dipendenti nella loro routine giornaliera per chiedere la loro opinione e mostrare loro gli interventi che hai intrapreso in risposta, disporrai di un ventaglio assai migliore di insight sull'efficacia delle tue misure per l'employee experience e su come migliorarle.  

L'importanza di un'employee experience soddisfacente

Quando calcoliamo il valore dell'employee experience, spesso lo facciamo attraverso la lente dei risultati aziendali e delle metriche di produttività. Questo approccio, però, non coglie il reale valore che porta con sé un'employee experience soddisfacente: una cultura aziendale basata su empatia e sincerità. Un recente studio di McKinsey condotto a livello globale ha messo in luce che appena il 35% di chi ha lasciato il lavoro negli ultimi due anni ha accettato una nuova posizione nello stesso settore. I lavoratori sono in cerca di nuovi lidi e nuove sfide, e le aziende che soddisfano queste pulsioni al proprio interno saranno quelle con i minori tassi di abbandono. 

Se c'è una cosa che vale la pena ricordare dalla lettura di questo articolo, è che gli insight più preziosi per la tua azienda non sono quelli che troverai online: sono quelli che ti trasmetteranno i tuoi dipendenti. Ciò non significa trascurare gli studi sulle tendenze in atto per quanto riguarda l'employee experience; significa confrontarsi con i dipendenti in tutte le fasi del loro ciclo di vita. Dai loro uno spazio per esprimere i propri pensieri, dimostra che investi nella loro crescita personale e professionale, e quando decidi di perseguire una determinata linea d'azione, informa i dipendenti sul suo andamento (che sia positivo o meno). 

L'employee experience non è un ambito di esclusiva competenza dell'HR, né un dato isolato da rilevare solo una volta l'anno. Sono tutti i reparti della tua azienda, dal Finance all'IT, a dover adottare un approccio incentrato sul personale quando mettono a punto una strategia. Se ciò non accade, i tuoi dipendenti si troveranno sempre scontenti in qualche aspetto della loro giornata lavorativa. La migliore employee experience è quella che non si fa notare, quella in cui ogni dipendente ha la sensazione che le sue esigenze vengono soddisfatte senza problemi, e in cui ogni attività viene eseguita nell'ambito della sua naturale routine quotidiana. Se si liberano i dipendenti dagli ostacoli inutili, ciascuno di loro avrà modo di diventare la versione migliore di sé stesso, e i benefici si faranno sentire anche per la tua azienda.

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